Rue Monte au Ciel, romanzo di Suzanne Dracius Cataldo Russo

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Rue Monte au Ciel, romanzo di Suzanne Dracius

Storie di faticose e dolorose emancipazioni di uomini e donne nati sotto la cattiva stella del colonialismo, quelle di cui ci parla Suzanne Dracius nei suoi nove racconti, dal titolo ‘Rue Mont au Ciel’, pubblicati in Italia da Paginauno editore-2017 .
Dicevo, storie di emancipazioni di uomini e donne di diverse etnie, giunti nelle Antille dall’Africa come schiavi tra il 1600 e il 1700. Storie di riscatto sociale mai pienamente raggiunto, visto che la politica imperialista e di sfruttamento dell’uomo sull’uomo continua in molte parti del mondo.
Nonostante siano passati più di due secoli dalla Rivoluzione Francese, la rivoluzione che più dì ogni altra ha emancipato l’uomo riconoscendogli i diritti civili, troppe persone vengono discriminate o per il colore della pelle, o per il luogo di nascita o per la religione di appartenenza e le idee politiche.
Quelli di Suzanne Dracius sono racconti di vite a volte semplicemente piegate, altre volte spezzate perché non si sono volute sottomettere a un diktat, ma anche di vite risorte.
Sono vissuti di donne costrette a sottostare alla volontà e agli appetiti sessuali di padroni che, quanto più pubblicamente proclamano i loro sani principi e la loro moralità tanto più agiscono senza principi e valori in privato, quando si arrogano il diritto di introfolarsi nelle capanne o nelle stamberghe delle loro schiave o delle loro donne di servizio, considerate nient’altro che bestie, merce di scambio, carne da macello, per soddisfare la loro libidine e i loro perversi appetiti sessuali.
Avvenimenti di cui la letteratura s’è spesso occupata, perché comuni a tanti altri popoli che hanno dovuto percorrere per secoli una strada irta di difficoltà per la conquista della libertà e della propria identitità, ma che sono narrate da Suzanne Dracius con grande vigore e un linguaggio fresco, mai piatto, un idioma ricco di metafore e di riferimenti storici e antropologici di grande spessore.
Siamo di fronte a racconti di memoria, il cui scopo principale è quello di ricreare atmosfere, sensibilità, ambienti, modi di essere e agire ancor più che cercare di costruire vicende o episodi particolari.
Come riporta l’aletta della prima di copertina si tratta di nove racconti, diseguali per ambientazione, numero di pagine, argomenti e personaggi, ma tutti accomunati da alcuni elementi che ne scandiscono alla fine l’organicità e la coerenza.
Alla stessa maniera del grande narratore turco Yashar Kemal, scomparso qualche anno fa, anche Suzanne Dracius valorizza nei suoi racconti la tradizione orale della sua terra di origine, sia per quel che concerne il timbro e il ritmo narrativo sia per quel che riguarda gli argomenti affrontati e le atmosfere ricreate.
In tutti i racconti di questo libro la donna della Martinica assurge a dignità letteraria comportandosi da un’autentica eroina per determinazione e coerenza, ma è soprattutto nel primo racconto, “Il suo destino in Rue Monte au Ciel”, il più lungo, quasi un vero e proprio romanzo breve, in cui è tracciata in maniera indelebile la figura di donna martinicana tenace, decisa ma paziente, desiderosa di emanciparsi attraverso la cultura e la conoscenza. Una donna consapevole del proprio destino e in grado di decidere nei momenti cruciali della propria esistenza.
Leona, la protagonista del primo racconto, attraverso la sua sete di sapere, diventa la cartina al tornasole dell’ignoranza, della cupidigia e dell’ipocrisia dei ricchi proprietari bianchi, per i quali il denaro è considerato l’unica chiave che conta e con la quale credono di poter aprire qualunque porta .
‘Madame’ non è solo grassa, golosa, avida e razzista, ma è soprattutto rozza e ignorante, così come Monsieur è ipocrita e perverso, il classico signorotto che fa incetta di quotidiani e libri, senza di fatto leggerli, solo per far mostra di cultura. La scrittrice, in questi racconti, esalta la volontà delle sue eroine, loda la loro capacità di sapersi rialzare ogni volta che un colpo sporco, sferrato ora dai datori di lavoro, ora dalle istituzioni e qualche volta dal maschilismo imperante le fanno cadere per terra.
Nel racconto Di sudore e zucchero l’autrice ci regala un affresco di vita della Martinica.
Ne I tre moschettieri erano quattro, racconto alquanto ironico sia nel titolo sia nel contenuto, l’autrice si concede il lusso di scandagliare la letteratura francese, quasi a volere dimostrarci che anche lì vi sono strati di ipocrisia, come per esempio ignorare di proposito le origini Caraibiche di Alexandre Dumas padre, a significare quasi l’impossibilità che un grande autore come Dumas possa avere avuto origini creole da parte materna.
Nel racconto La virago la Dracius ci porta nella contemporaneità, in una Martinica che è certamente emancipata e moderna, visto che la centauro in moto è una donna bordata di pelle e plastica dalla testa ai piedi, ma che ha perso il suo fascino, la sua spontaneità e la sua semplicità. Le donne moderne, insomma, contrariamente a Leona che ha lottato per conquistarsi l’emancipazione, prendono ma non sanno conquistarsi le cose, fino a risultare vittime della loro stessa emancipazione.
Ne L’anima gemella, l’autrice ci fa capire come un evento di vita quotidiana, la cancellazione o il rinvio di un volo in un aeroporto, possa creare esasperazione in alcuni, ma anche piacere in altri, come nei due protagonisti, Térence e Mathildana, colpiti dal “morbo di cupido” proprio in aeroporto e che approfittano dei ritardi per stare vicini.
Il respiro degli avi ci riporta al tema della solitudine e della sconfitta di chi, illusasi di poter cambiare il mondo, si trova invece a vivere nell’emarginazione più totale in una grande metropoli come Parigi. Rehvana voleva la sua fetta di mondo, la sua vita e invece muore denutrita e di stenti insieme alla figlioletta.
In Clorofilliana creazione la scrittrice rivolge ancora la sua attenzione e il suo interesse al mondo della letteratura, un mondo dove l’autrice si muove con grande disinvoltura.
Credo non sia del tutto azzardato dire che il libro si divide in due parti. Nella prima sembra prevalere “lo spirito indomito e guerriero”, soprattutto delle donne martinicane, che lottano con pazienza e determinazione per la loro emancipazione, cui fanno da contorno gli elementi della natura (La montagne Pelée, la lava del vulcano che seppellì le case nel 1902, le foreste tropicali e pluviali, il duro lavoro delle piantagioni, e le numerose specie di alberi e piante). Negli ultimi racconti l’autrice, pur mantenendo le fil rouge con la lotta per l’emancipazione sociale e contro ogni forma di colonialismo e di schiavismo, spazia fra presente e passato, fra letteratura e arte e simboli della modernità. Per questo la scrittrice si trova spesso in bilico fra due mondi : quello reale e quello della fantasia.
Rue Monte au Ciel non è un libro di evasione, è invece un libro di impegno civile e, come tutti i buoni libri di questo genere, offre diversi piani di lettura. Un libro che vale la pena non solo leggere ma rileggere perché ogni volta vi si scopre qualcosa di nuovo e interessate, perché in esso rivive l’anima delle popolazioni delle Antille.
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Suzanne Dracius

Suzanne Dracius, poetessa, scrittrice e drammaturga, è nata a Fort-de-France, ma divide la sua vita tra la Martinica e la Francia, dove si è laureata in lettere classiche alla Sorbonne. Ha insegnato a Parigi, all’università des Antilles-Guyane, negli Stati Uniti come Visiting Professor. Come scrittrice s’è fatta apprezzare con il romanzo L’autre qui “danse” (1989), tradotto in Italia con il titolo L’altra che danza da Giovanni Tranchida editore (2010). Rue Monte au Ciel è stato campione di vendite in Francia. Suzanne Dracius ha avuto numerosi riconoscimenti sia come poetessa sia come dramamturga e scrittrice. Suzanne, non solo non ha reciso le radici che la legano ai suoi antenati e alla sua terra, ma con questo libro le rafforza e le difende orgogliosamente.

Cataldo Russo,
Settimo Milanese

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